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Lupo: una mozione per consentire agli allevatori di effettuare tiri di inselvatichimento e di difesa
Agrifutura sostiene l’iniziativa contro la dispersione degli insediamenti (“Iniziativa Stop alla cementificazione”)
Agrifutura ha deciso di aderire al Comitato di sostegno a favore dell’Iniziativa popolare contro la dispersione degli insediamenti “Iniziativa contro la cementificazione”, sulla quale il popolo svizzero dovrà esprimersi il prossimo 10 febbraio.
Secondo Agrifutura, questa iniziativa, simile a quella lanciata nel lontano 1988 dall’Unione contadini ticinesi e che ha condotto alla promulgazione della Legge cantonale sulla conservazione del territorio agricolo, oltre a salvaguardare il territorio situato al di fuori della zona edificabile, comporterà pure un cambio di paradigma nell’uso del suolo attribuito alla zona edificabile. In particolare, Agrifutura ritiene sia giunto il momento di adottare una salvaguardia efficace dei terreni agricoli e quindi di sviluppare modelli di sviluppo incentrati sulla densificazione, sulla migliore mobilità e sulla qualità di vita all’interno delle zone edificabili esistenti. Va insomma fermato l’inesorabile contatore che calcola la perdita di terreni fertili in termini di 1 metro quadrato al secondo. Mantenere un giusto rapporto fra territorio edificato e terreni aperti coltivi e fertili è di fondamentale importanza in una visione di equilibrio futuro fra popolazione e capacità produttive indigene.
USC/UCT: “Agricoltori stressati ricordatevi di pagarci i contributi!”
La saga delle trattenute, dei contributi estorti e delle deduzioni pseudo-associative ha un nuovo triste capitolo. Come segnalatoci da un fedele lettore del blog, negli scorsi giorni diversi agricoltori hanno ricevuto una singolare, quanto enigmatica lettera di richiamo che alleghiamo.
In molti, compreso il fedele lettore, hanno addirittura pagato la fattura, visto anche l’esiguo importo e che il mittente era nientemento che Identitas, ditta che si assume l’incarico di gestire a livello nazionale la banca-dati sul traffico degli animali. Insomma hanno pagato ritenendo che potesse trattarsi per esempio del pagamento di una partita di marche auricolari. Tuttavia analizzando in un secondo tempo la missiva, il malcapitato si è reso conto che se non siamo di fronte a una truffa legalizzata, poco ci manca.
1. Innanzi tutto, la lettera configura un vero e proprio (e formale) richiamo di pagamento.
2. La lettera inizia con un’esplicita allusione allo stress che vivono gli agricoltori e dunque non poteva avere incipit peggiore con una mancanza di rispetto verso una categoria che non ha attualmente vita facile, al contrario di chi ha i piedi al caldo dietro le scrivanie delle varie organizzazioni di organizzazioni di enti affiliati.
3. Poi prosegue colpevolizzando i destinatari, rei di non essersi ricordati di pagare una fattura (il cui pagamento dipende in tutto e per tutto dalla volontà del singolo e non è assolutamente obbligatorio!!!).
4. In questo delirio di mancanza di rispetto, gli estensori della missiva si permettono di enumerare i giorni di ritardo, mentre la tabella indica pure una casella “Ultimo richiamo”, quasi che dopo di ciò si proceda all’esecuzione forzata.
5. Chi credeva che, come nei migliori raggiri, il mistero si celasse fra qualche apostilla scritta in minuscolo a fondo pagina, si sbagliava di grosso. Infatti, il trabocchetto è svelato in alto a destra sotto “Nostra referenza”, dove gli estensori, rigorosamente in tedesco (affinchè non si capisca?), spiegano agli agricoltori italofoni il motivo del richiamo: SBV-Verbandsbeiträge, ovvero Contributi associativi USC, che sta per Unione svizzera dei contadini.
CONCLUSIONE:
La fattura richiamata è quella relativa ai contributi volontari per l’USC che ognuno è libero di pagare o meno all’Unione svizzera dei contadini. Come già avviene per le trattenute UCT sui pagamenti diretti, questi contributi non danno diritto a nessuna rappresentanza in assemblee o gremii di contadini. In pratica, si paga senza avere diritto di voto.
Per maggiori info (si legge nella lettera) ci si può rivolgere al segretariato dell’Unione Contadini Ticinesi che dunque va lodata per la sua coerenza nel difendere i costrutti antidemocratici di prelievo di contributi messi in atto da diverse organizzazioni agricole. La stessa UCT, ancora nel 2018, è addirittura la più antidemocratica di tutte le organizzazzioni cantonali, poiché formalmente è formata esclusivamente da enti affiliati e dunque non annovera nemmeno uno che sia uno membro individuale. Preleva i contributi ai contadini, ma di farli votare all’assemblea non ci pensa minimamente. Complimenti! Evviva la democrazia!
Feitknecht: “Bevo un litro di latte al giorno e fra i presenti non mi sembra di essere quello che guarda fuori peggio” .
A Patti Chiari, uno stratosferico Ulrico Feitknecht, con qualche battuta e con puntuali ed esaurienti informazioni, smonta i risultati di alcune ricerche scientifiche che vorrebbero mettere sulla graticola il latte e i suoi derivati. Per guardare la trasmissione clicca sull’immagine. Feitknecht è presente in studio dal minuto 52′.
OPINIONE – I ticinesi vogliono questo Parco!
La raccolta in meno di 2 mesi di quasi 15’000 firme per l’iniziativa popolare “Spazi Verdi per i nostri figli” non può lasciare indifferenti i nostri politici. La salvaguardia del territorio ed un suo uso sostenibile godono senza dubbio dell’appoggio di moltissimi ticinesi. L’iniziativa farà il suo corso e certamente il popolo dovrà pronunciarsi in merito. Ma, già in questi giorni, i politici del nostro Cantone avranno l’occasione di dimostrare di essere sulla medesima lunghezza d’onda della popolazione e di chi ha firmato l’iniziativa “Spazi Verdi”. L’importantissimo banco di prova è costituito dall’istituzione del Parco del Piano di Magadino sulla quale il Gran Consiglio si pronuncerà proprio mercoledì o giovedì prossimi. Un progetto la cui elaborazione ha necessitato di diversi anni ed ha comportato l’ampio coinvolgimento di tutta una serie di attori. Così, Comuni, Associazioni, Enti ed operatori del territorio hanno concordato assieme al Cantone un modo condiviso da tutti per riuscire a dare un futuro sostenibile ai circa 2’500 ettari del Piano di Magadino. Un futuro fatto in primis di attività agricola, ma anche di tutela di spazi naturali e di fruizione da parte di turisti e della popolazione per il proprio svago. Non è stato sicuramente facile mettere d’accordo tutti, ma, oggi, in un contesto geografico limitato come il nostro Cantone, è impensabile portare a compimento qualsiasi progetto di ampia portata senza percorrere la strada del consenso fra tutti gli attori in campo. Proprio per questo, il Gran Consiglio, se dirà di SÌ al Parco del Piano di Magadino, dimostrerà di approvare in primis la metodologia scelta per giungere alla sua istituzione. Cioè dirà SÌ alla via della concertazione, l’unico modo per assicurare a questo Cantone uno sviluppo qualitativo non solo su questo, ma anche su altri fronti.
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Giovanni Berardi – Presidente di Agrifutura
Piano di Magadino: A2/A13, chieste garanzie ma il Parco non è sotto tiro

Il Piano di Magadino.
di Maurizio Valsesia
Davvero volete affossare il progetto del Parco del Piano di Magadino? «Assolutamente no, nessuno vuole impallinare nulla. Ritengo esagerata la reazione del collega dei Verdi».
Getta acqua sul fuoco il presidente della Commissione Pianificazione del Territorio Luigi Canepa (Ppd), da noi interpellato dopo l’arrivo in redazione del comunicato stampa con cui i Verdi hanno annunciato che il loro rappresentante, Francesco Maggi, ha abbandonato la riunione della Commissione in corso ieri a Bellinzona, «mentre si discuteva, o meglio si impallinava, il progetto di Parco del Piano di Magadino», sostiene il partito ecologista, che parla di «manovre antidemocratiche».
«Dopo due anni di lavoro, estenuanti tira-molla, esauriti i pretesti per guadagnare altro tempo – prosegue la nota dei Verdi – sono usciti allo scoperto i cecchini. Lega, UDC e la maggioranza di PPD e PLR hanno chiaramente fatto capire che non intendono approvare il Parco del Piano di Magadino. Secondo loro la priorità è il collegamento veloce A2-A13 per Locarno, anche a costo di ripescare la famigerata Variante 95». E ancora: «Si sta affossando un progetto di valorizzazione del Piano di Magadino che a livello di consultazione ha suscitato ampi consensi mentre per il collegamento A2- A13 si sta rischiando di far saltare gli accordi sul tracciato, mandando alle ortiche anche la speranza di vedere un futuro collegamento per Locarno».
Presidente Canepa, in che clima si è svolta la riunione e cosa avete deciso. «Il clima era assolutamente normale. I toni non erano eccessivi. Il collega Maggi ha espresso una serie di dubbi e poi, un po’ a sorpresa, si è alzato ed è uscito. Noi abbiamo proseguito i lavori e, ripeto, la Commissione intende portare avanti il dossier. Il collega Lorenzo Bassi sarà relatore della bozza del rapporto, che ha garantito di presentare per settembre. Contiamo così di arrivare in Gran Consiglio con il dossier entro la fine dell’anno».
Perché si è parlato anche del collegamento veloce del Locarnese con l’autostrada? «Semplicemente perché alcuni colleghi voglio essere sicuri che approvando il Parco e quindi definendo il suo perimetro, non si precluda l’avanzamento dell’iter relativo all’A2/A13. Un dubbio.
«A tal proposito invieremo al Consiglio di Stato una lettera per chiedere maggiori informazioni. Credo che Maggi abbia equivocato; nessuno ha espresso l’intenzione di affossare il Parco. Certo, sulla creazione di quest’area protetta e di svago non tutte le sensibilità sono uguali, ma la maggioranza della Commissione è favorevole».
Parco del Piano di Magadino: Maggi sbatte la porta
Come riferisce Ticinonews.ch, si susseguono in Ticino gli episodi di rappresentanti politici che abbandonano riunioni in modo polemico.
Dopo l’improvviso addio del consigliere di Stato Claudio Zali all’assemblea dei cacciatori di sabato scorso, oggi è il deputato dei Verdi Francesco Maggi ad essersi reso protagonista di un episodio simile.
Maggi ha abbandonato la riunione di stamattina della Commissione della pianificazione mentre si discuteva del progetto di Parco del Piano di Magadino.
Più che discuterlo, secondo Maggi, lo si stava impallinando.
“Dopo due anni di lavoro, estenuanti tira-molla, esauriti i pretesti per guadagnare altro tempo, sono usciti allo scoperto i cecchini” afferma Maggi. “Lega, UDC e la maggioranza di PPD e PLR hanno chiaramente fatto capire che non intendono approvare il Parco del Piano di Magadino. Secondo loro la priorità è il collegamento veloce A2-A13 per Locarno, anche a costo di ripescare la famigerata Variante 95.”
“Non è bastato ricordare loro che nel settembre 2007 la maggioranza del popolo ticinese aveva detto NO a un tracciato sul Piano e ribadito l’importanza del Piano per l’agricoltura, la natura e lo svago” aggiunge il granconsigliere dei Verdi. “Non è bastato neppure ricordare loro che il Parco non porta pregiudizi ulteriori al collegamento veloce, basta e avanza il paesaggio palustre d’importanza nazionale, già in vigore, per bloccare eventuali tracciati troppo invasivi sul piano. Non è bastato neppure far presente che Berna non ha nessun interesse nel parco del Piano di Magadino, che è un progetto cantonale. Non è certo prendendo in ostaggio il Parco che si ottengono da Berna i finanziamenti per la strada. Ridicolo. Semmai il rischio è che le associazioni ambientaliste ed agricole scendano dal carro di sostegno del progetto di collegamento A2-A13 scelto dal gruppo di lavoro del Cantone, creato da Borradori all’indomani della batosta sulla Variante 95. E allora altro che 10-15 anni per vedere un collegamento.”
“E se Berna non paga, è forse anche a causa del Governo ticinese e degli stessi partiti PLR, PPD, Lega e UDC, che hanno messo come priorità il raddoppio del Gottardo, che invece di migliorare la mobilità del cantone la manderà in tilt” afferma ancora Maggi, secondo cui la commissione della pianificazione sta affossando un progetto di valorizzazione del Piano di Magadino che a livello di consultazione ha suscitato ampi consensi, “mentre per il collegamento A2-A13 sta rischiando di far saltare gli accordi sul tracciato, mandando alle ortiche anche la speranza di vedere un futuro collegamento per Locarno.”
“Querelle” Zali-Regazzi: la posizione di Francesco Tettamanti del gruppo “territorio e ungulati”
Scontro Zali – Regazzi: le ragioni di chi sta al fronte per il bene comune
Le scintille scoppiate fra il Consigliere di Stato Claudio Zali e il Presidente della FCTI Fabio Regazzi durante la recente assemblea della Federazione Cacciatori Ticinesi hanno sollevato per l’ennesima volta il problema dei danni all’agricoltura e alla natura provocati dagli ungulati nel nostro Cantone.
Oggetto del contendere sono state le dichiarazioni poco opportune del Presidente Regazzi in un’intervista rilasciata alla vigilia dell’assemblea del sodalizio da lui presieduto, nella quale egli ha sollevato diverse obiezioni sulla gestione della problematica da parte del Dipartimento del Territorio.
Fra i vari quesiti il Presidente della Federazione dei Cacciatori Ticinesi si chiede come mai in Ticino lo Stato sia costretto a dei risarcimenti milionari (CHF 1,3 Mio nel 2013) mentre nei Cantoni a noi vicini i risarcimenti nei confronti dell’agricoltura sono più che esigui, lasciando intendere fra le righe che le nostre autorità sono troppo magnanime nel risarcire i danni provocati dagli ungulati, prevalentemente cervi e cinghiali.
Regazzi è un politico navigato, di spessore e solitamente ben informato, per cui la domanda che sorge spontanea davanti a questa sua presa di posizione è: dove vuol andare a parare?
Il motivo della notevole differenza nei risarcimenti rispetto ad altri Cantoni è in realtà molto semplice.
In primo luogo la distribuzione territoriale delle zone agricole in Ticino è molto diversa rispetto al Vallese e ai Grigioni.
I vigneti si trovano infatti direttamente in prossimità delle zone boschive.
Inoltre in Vallese e nei Grigioni il cinghiale, responsabile di quasi la metà dei danni, non è praticamente presente mentre in Ticino, dopo una assenza plurisecolare, è ricomparso da circa un ventennio, introdotto clandestinamente – guardacaso … da cacciatori (sembrerebbe) d’oltre confine- allo scopo di aver finalmente qualcosa di grosso da cacciare anche al piano. Da buon cacciatore Regazzi dovrebbe conoscere molto bene il loro tasso di proliferazione e le conseguenze dovute a una gestione errata delle loro popolazioni.
Per quanto concerne il cervo, nei Cantoni a noi vicini – contrariamente a quanto accaduto in Ticino- non si è mai adottata una politica espansiva da parte delle autorità cantonali e chiaramente supportata dalle società venatorie.
La presenza del cervo a sud del ponte diga è stata infatti favorita da una politica di gestione molto espansiva della specie adottata soprattutto in questo ultimo decennio.
È ovvio che con l’introduzione di un ungulato di tali dimensioni in zone con la presenza di santuari dove la caccia è bandita (Monti San Giorgio e Generoso) e dove a ridosso di queste bandite sono presenti da secoli vigneti e altre colture sensibili- non saremmo potuti che arrivare a questo sfacelo.
Non da ultimo e a mio parere di capitale importanza, i nostri vicini non hanno mai avuto all’interno delle istituzioni lobby così potenti come quella dei cacciatori ticinesi.
Lobby che ha influenzato notevolmente la politica venatoria ticinese degli ultimi anni e che probabilmente non ha permesso a chi di dovere di gestire le popolazioni di ungulati, analogamente a quanto hanno fatto i nostri vicini, dove vige un sostanziale equilibrio faunistico e i danni a boschi e colture sono di conseguenza limitati. In Vallese ad esempio la densità di cervi /km2 è esattamente la metà di quella ticinese e il cinghiale come detto è assente.
Regazzi si dimentica inoltre di un punto estremamente importante: il problema non è solo al piano e in collina e limitato all’agricoltura, bensì è esteso alle nostre foreste, che stanno subendo danni e che senza un deciso intervento porrebbero le generazioni future di fronte a rischi potenzialmente gravissimi.
Il rinnovo naturale della foresta in molte zone, anche in quelle definite ad alto potenziale di protezione per il fondovalle, si è arrestato a causa del brucamento di cervi, caprioli camosci e quant’altro.
Lo Stato e soprattutto i proprietari di boschi (patriziati, comuni e privati cittadini) devono investire annualmente milioni per far fronte ai danni e per assicurare le adeguate protezioni alle nuove piantagioni.
Non è normale che la collettività debba investire CHF 200.00 per proteggere una piantina che costa dieci volte meno!
Questi investimenti, assurdi ma necessari, sono l’unica soluzione per garantire un bosco sano fra trenta o cinquant’anni. Abbiamo tutti visto nella vicina Penisola i danni causati dal dissesto idrogeologico presente in molte regioni.
L’unica vera protezione per la popolazione da frane, caduta di massi e alluvioni è un territorio ben curato e un bosco che possa svolgere le sue funzioni protettive.
Le leggi, federali e cantonali, sono chiare e vanno rispettate, visto che sono il frutto di un iter democratico. Il loro obiettivo è uno solo: assicurare il giusto equilibrio fra la fauna presente e la natura senza dimenticare la corretta convivenza con l’agricoltura e l’uomo in generale. La caccia è uno strumento di capitale importanza per il raggiungimento di questo equilibrio.
Venendo meno i predatori naturali – e penso che in Ticino nessuno, salvo qualche sprovveduto idealista, vuole vedere scorazzare sul nostro territorio e nei nostri giardini orsi, linci e branchi di lupi – rimane per il momento l’unico mezzo per tornare a una situazione sostenibile per quanto riguarda le popolazioni di selvatici.
Ben vengano in seguito anche le misure dissuasive e non cruente citate in molte occasioni e applicate con successo in regioni con le stesse caratteristiche della nostra.
Gli agricoltori vorrebbero solo poter svolgere il loro onesto lavoro, raccoglierne i frutti per venderli o trasformarli.
Non c’è nulla di più mortificante che veder vanificato in poche ore il duro lavoro di un anno intero e dover chiedere il legittimo risarcimento per i danni subiti. Leggere certi commenti espressi da politici che dovrebbero avere a cuore l’economia del nostro Cantone e il suo territorio, dove si sottintendono dei privilegi ingiustificati in questo ambito fa male, molto male, e non è oltretutto corretto.
Lo stesso discorso vale per i nostri forestali, che ambirebbero ad intervenire sul bosco in modo incisivo e non su dei mini-recinti per alberi. I ritardi nelle opere di rimboschimento sono considerevoli e non c’è più tempo da perdere.
Per questi motivi sarebbe veramente opportuno che la caccia assumesse il proprio vero ruolo di garante dell’equilibrio naturale fra animali e il resto della natura al’interno del nostro territorio.
Chi opera sul territorio è veramente stufo di passare per mantenuto dello stato. E di dover sacrificare parte del proprio reddito o del proprio lavoro per permettere a un esiguo gruppo di persone di praticare uno sport per due settimane all’anno, perché purtroppo per molti la caccia si è ridotta a questo.
Da figlio di cacciatore, constato infatti con rammarico e che il vero “spirito del cacciatore” va sempre più scemando e vige sempre più la politica del congelatore pieno e della preda assicurata con poca fatica.
La funzione dell’On. Zali va ben oltre l’assecondare i desideri di una Lobby.
Il fatto che egli abbia picchiato i pugni sul tavolo dimostra il suo innegabile impegno e il fatto che sappia difendere la sua funzione e le sue idee, ma anche che sappia dire NO a qualcuno.
Abbiamo potuto constatare tutti dove ci ha condotto la politica del “tàia e medéga” praticata fino ad ora e forse una bella scossa andava data per portare tutti alla ragione.
Nell’interesse collettivo spero che tutte le parti in causa riescano finalmente a trovarsi pacatamente attorno ad un tavolo e ad ascoltarsi, senza pregiudizi e con la ferma volontà per ricercare una definitiva soluzione a questo annoso problema. In molti temi, come ad esempio quello delle bandite, vi è infatti una notevole unità di vedute fra FCTI e chi opera sul territorio, su altri sono certo che delle soluzioni si troveranno. D’altra parte la caccia, quella vera, era forse ancora più sentita vent’anni orsono, quando le popolazioni di ungulati erano molto inferiori a quelle attuali. Sarebbe veramente buona cosa tornare alle origini.
Si risparmierebbero così un sacco di soldi in risarcimenti, e di questi tempi scusate se è poco …..
I fondi così risparmiati potranno essere destinati ai loro scopi originali: una più rapida opera di rimboschimento nelle zone a rischio e le premesse per una miglior gestione dei selvatici con il Fondo per la caccia, al momento esangue a causa dei risarcimenti dei danni all’agricoltura.
Per il gruppo Territorio e Ungulati
Francesco Tettamanti
Zali cerca di risolvere il problema dei capi viziosi e i cacciatori lo rimproverano
Scintille all’assemblea della Federazione dei Cacciatori Ticinesi (FCTI) con tanto di plateale abbandono della sala da parte del Consigliere di Stato Claudio Zali. Oggetto del contendere gli interventi delle scorse settimane del Dipartimento del territorio che ha ordinato, come di sua competenza di legge, l’abbattimento di un centinaio circa di ungulati, principalmente cervidi, ritenuti viziosi. Questa operazione concerneva in particolare le zone vicine ai fondovalle e all’abitato e mirava a proteggere le colture, la vigna in primis. Ebbene il provvedimento non è andato giù ai cacciatori, i quali per bocca del proprio presidente, il consigliere nazionale Fabio Regazzi, avevano rilasciato un’intervista molto critica sul Corriere del Ticino proprio il giorno prima dell’annuale assemblea FCTI, ritornando poi sul tema nell’epilogo della relazione presidenziale. Ed è proprio questa fuga in avanti dei cacciatori a non essere andata giù al Consigliere di Stato. Zali, come confermato dallo stesso Consigliere di Stato a Teleticino, avrebbe preferito discuterne a quattr’occhi con gli interessati durante l’assemblea.
OPINIONE: Politica agricola, chi si ferma (e chi si lascia fermare) è perduto!
Qualcuno ha avuto la sventura di seguire la trasmissione Millevoci di oggi (martedì) sul tema della nuova politica agricola? (clicca sul testo in rosso per riascoltarla)
Che tristezza, che vergogna!
Oramai non sono più solo i fatti e fatterelli della nostra agricoltura nostrana ad alimentare la macchina del fango.
Anche la politica agricola federale è spunto e occasione per le vendette, le insinuazioni, le menzogne per colpire ancora una volta chi cerca di costruire. Molto più pagante (elettoralmente si intende) coltivare pregiudizi o fingere di aiutare chi è in difficoltà con grandi proclami senza seguito.
Signor Cleto Ferrari, per levarti qualche tua (penosa) soddisfazione personale, hai buttato fango su tutti gli agricoltori che nei tuoi sproloqui “copia e incolla” dichiari di difendere. Quando parli degli agricoltori che si attaccano solo ai sussidi (avete capito bene !!!) e non hanno più voglia di lavorare hai vomitato tutto quello che chi ci vuole veder scomparire non si stanca di ripetere.
Grande segretario agricolo! Veramente grande.
Grazie!
Angela Tognetti
I contadini bio si sollevano contro il bio di importazione
Nell’edizione di ieri della Neue Zürcher Zeitung è apparso un articolo che riferisce di un certo malcontento fra gli agricoltori affiliati a Bio Suisse causato dalla politica espansionista dell’associazione e dalla crescita esponenziale del fatturato bio, ottenuto con prodotti esteri.
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Leggi tutto l’articolo apparso sulla Neue Zürcher Zeitung.
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Fra i critici anche il mesolcinese Markus Laffranchi e nientemeno che il nuovo presidente dei contadini svizzeri Markus Ritter.Ricordiamo che il 18 aprile, come riferito in questo post, avrà luogo una serata informativa organizzata da Bio Ticino proprio sul tema dei prodotti biologici d’importazione. Il dibattitto è dunque lanciato!
Sacrificio Quaresimale contro il “Land Grabbing”
La campagna ecumenica 2013 di Pane per tutti, Sacrificio Quaresimale e Essere solidali mette in evidenza la tematica dell’accaparramento delle terre (land grabbing) e la necessità di lottare per la sovranità alimentare delle popolazioni nei paesi del Sud del mondo.
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Un video scioccante mostra come si affamano delle popolazioni per produrre biocarburanti.
Commercio di formaggio: botta e risposta fra UFAG e SALS
La scorsa settimana, l’Ufficio federale dell’agricoltura ha emanato un comunicato stampa per informare sui risultati di uno studio concernente gli effetti della liberalizzazione del commercio del formaggio in seguito all’accordo di libero scambio in vigore con l’UE in questo preciso settore.
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Fra l’altro, vi si poteva leggere: “La liberalizzazione reciproca del commercio caseario tra Svizzera e UE, ha incentivato qualità e innovazione nell’economia casearia elvetica, ha ridato slancio alle esportazioni, ha contribuito a mantenere positiva la bilancia commerciale nonostante la forte crescita delle importazioni e ha ampliato la gamma di varietà di formaggi. La situazione economica non sarebbe stata migliore con un continuo isolazionismo del mercato del formaggio in alternativa alla liberalizzazione: è questa la conclusione alla quale giunge l’Istituto di ricerca BAKBASEL nel suo studio di valutazione, commissionato dall’Ufficio federale dell’agricoltura UFAG.”
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